VEDUTA GENERALE (P.zza Dell'Annunziata)

RELAZIONE AL PROGETTO ESECUTIVO

Premessa

All’atto dell’affidamento dell’incarico si è provveduto a comporre un gruppo di lavoro in grado di affrontare il carattere multidisciplinare dell’intervento di restauro e consolidamento da predisporre per un edificio di rilievo storico ed artistico, quale deve essere considerata la chiesa della SS. Annunziata.

Il gruppo di consulenti, selezionato per le specifiche competenze, coordinato, quale capogruppo, dallo scrivente architetto Bruno Agostinelli, è composto dall’architetto Dimitri Ticconi, per gli aspetti relativi all’indagine storico-critica del monumento, alle operazioni di rilievo strumentale della fabbrica e alla progettazione dell’intervento di restauro e consolidamento; dall’ingegnere Roberto Rossi per gli aspetti strutturali del progetto di consolidamento, dal geologo Alessandro Bianchi per gli aspetti relativi allo studio della composizione degli strati del terreno di fondazione della chiesa e dal geometra Ulderico Pisciarelli relativamente alla compilazione del piano di sicurezza e coordinamento. Al gruppo dei consulenti si sono affiancati, come collaboratori, gli architetti Fabrizio Marotta, Ethel Mori, il graphic designer Sandro D’Alessio e i laureandi in architettura Stefano Ercolani e Cinzia Placco.

Nel giugno del 2001 l’intera fabbrica della chiesa, compresi i corpi edilizi addossati lateralmente e nella parete posteriore, furono integralmente rilevati mediante una stazione totale modello Leica TCR 307 Scopo del rilievo, era di approntare un quadro conoscitivo globale della fabbrica in ordine a:

1. Materiali

2. Singole tipologie strutturali

3. Sistemi Costruttivi

4. Modalità d’esecuzione

5. Schema Statico

6. Sintesi del dissesto statico

7. Sintesi del degrado delle superfici esterne

Accanto al rilievo strumentale e diretto è stata condotta una campagna di ricognizioni d’archivio allo scopo di ottenere il maggior numero d’informazioni relative ai provvedimenti di restauro e consolidamento che la chiesa ha subito nel corso dei secoli oltre che d’integrare l’apparato conoscitivo sopra menzionato. La fase d’analisi si è avvalsa, pure, di una campagna di rilievo diagnostico del quadro fessurativo interno, al fine di accertare l’esistenza di fenomeni di dissesto in progressio, e di un’indagine geologica svolta sul terreno di fondazione della chiesa.

I risultati ottenuti dalle indagini conoscitive hanno orientato le relative scelte progettuali le quali sono state contenute entro i limiti delle risorse a disposizione cercando di selezionare, tra le classi d’intervento, quelle ritenute di maggiore importanza ed urgenza ai fini della salvaguardia del monumento nella sua consistenza materiale e figurativa.

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1. Le indagini conoscitive

1.1. Il rilievo della fabbrica

Il rilievo del complesso chiesa-locali di servizi,si è avvalso di una stazione totale Leica TCR 307 integrata da misurazioni dirette svolte in situ con strumenti tradizionali (aste metriche, fettucce ecc.) e da rilievi fotografici manipolati al computer mediante appositi software utili, quest’ultimi a definire le questioni di dettaglio, come l’esatto disegno dei dettagli architettonici e decorativi.

Le stazioni predisposte a terra hanno coperto l’intero edificio avendo cura di collegarne l’interno con l’ambiente urbano esterno della piazza e delle attigue strade poste a delimitare il corpo di fabbrica della chiesa.

All’interno dell’aula liturgica le stazioni sono state collocate sul pavimento tenendo conto dell’impianto tipologico della chiesa. Quest’ultimo è del tipo ad aula con tre cappelle per lato ricavate nello spessore murario, copertura a volta a botte, vano rettangolare di fondo del presbiterio separato dall’aula da un arcone sostenuto da colonne libere.

Le stazioni di rilevamento, quindi, sono state collocate lungo l’asse mediano dell’aula all’intersezione con l’asse di mezzeria delle cappelle. Due ulteriori stazioni sono state collocate una davanti uno degli ingressi laterali alla chiesa e l’altra lungo la stessa mediana dell’aula all’interno del presbiterio al fine di consentire l’ulteriore lancio di stazioni per rilevare i locali di servizio annessi alla chiesa. Di queste ultime stazioni ne sono state lanciate sei di cui una sul cortile esterno contiguo via Fratelli Cervi dalla quale si è ottenuto il collegamento con le stazioni lanciate all’esterno. Con la stazione posta all’esterno della chiesa, dinanzi la facciata, si è provveduto al rilievo della medesima.

Attraverso la stazione totale si è giunti a quotare l’interno della chiesa sino all’intradosso della volta a botte di copertura. L’integrazione dell’ambiente di copertura è stata ottenuta mediante metodi di misura tradizionale che però, nel complesso, si sono rivelati efficaci poiché lo spessore della volta ottenuto in tal modo differiva da quello reale, misurato mediante un foro trovato aperto nell’estradosso della volta di poco oltre il centimetro.

Le misure principali della chiesa si possono così riassumere:

Lunghezza misurata tra le due pareti trasversali: metri 22,53

Larghezza misurata ai vani delle cappelle: metri 9,71

Larghezza escluse le cappelle: metri 7.86

Spessore del maschio murario misurato ai pilastri tra

le cappelle: metri 1,54

Altezza fino alla chiave d’intradosso della volta a botte: metri 11,76

Altezza dal pavimento fino all’imposta della volta a botte: metri 7,93

Le misure principali della facciata sono:

Larghezza totale misurata agli estremi delle due

paraste esterne: metri 11,07

Altezza totale misurata al colmo del timpano triangolare di coronamento: metri 51, 60.

1.2. Studio dei rilievi e indagine d’archivio: contributi per una cronologia della chiesa della SS.Annunziata

1.2.1. Rapporti dimensionali e proporzionali

L’esecuzione accurata del rilievo di una fabbrica ne fonda le premesse per un serio studio finalizzato ad approfondire ogni suo aspetto costitutivo. In questo caso l’esame della planimetria della chiesa e del prospetto della facciata principale ha consentito di formulare osservazioni relative alle fasi cronologiche della costruzione della SS.Annunziata, con elementi di giudizio anche per una valutazione dell’attuale stato di dissesto subito dalla fabbrica nei tempi passati. Come anche evidenziato nella relazione dei caratteri storici ed architettonici, a suo tempo predisposta, le incertezze relative alla fase d’origine della chiesa, e alla relativa sua consistenza, sono legate alla mancanza di documenti certi anteriori ad una visita pastorale del 1569 nella quale essa veniva indicata come “…chiesuola che può aver d’entrata da tre botti di vino l’anno…”. Nel 1611 la chiesa venne ceduta ai RR.PP. Agostiniani dalla comunità di Genzano dietro invito dei feudatari, famiglia Cesarini. Presso l’archivio storico comunale è stato possibile rinvenire un inedito documento con la trascrizione della copia “...dell’istromento di Cessione della Chiesa...” ai detti padri agostiniani. Dal documento risulta anzitutto chiarita la proprietà della chiesa, da sempre, e comunque sin dal 1611, appartenuta alla comunità di Genzano.

La stipula dell’atto di cessione avvenne il cinque marzo del 1611 sotto clausola d’approvazione del vescovo diocesano e della Santa Sede. Il documento non riporta notizie dalle quali si possa desumere alcunché riguardo le dimensioni e la tipologia della chiesa, ad esclusione del riferimento all’annesso Ospedale, del quale i Padri si sarebbero dovuti prendere cura.

Da una visita pastorale del 1636 apprendiamo che la chiesa risultava lunga di 93 palmi e larga 63 i quali, tradotti in metri secondo la misura del palmo romano di metri 0, 221 ci danno una lunghezza di metri 20,55 e una larghezza di metri 7,95. Queste misure differiscono non di molto da quelle riscontrate nel rilievo. In particolare l’attuale larghezza dell’aula, ad esclusione delle cappelle, è di metri 7, 86 mentre la lunghezza eccede di circa due metri quella indicata dalla visita pastorale per essere di metri 22,53. Secondo il canonico Previtali l’originaria decorazione pittorica della volta sarebbe da attribuire a Girolamo Siciolante da Sermoneta (1520–1580) la cui firma fu letta nel 1892 dal pittore Emanuele Sciotti. Ciò confermerebbe che almeno il vano attuale dell’aula fino all’arcone di separazione col presbiterio sia da riferire ad un’impianto murario non posteriore al 1569. Assai meno certo è che la “…chiesuola...” dell’Annunziata potesse avere, a quell’anno, l’attuale vestizione architettonica, con l’articolazione in cappelle laterali, i pilastri murari articolati da ordini di paraste ioniche semi ribattute ai lati, l’arcone di separazione tra aula e presbiterio sorretto da colonne libere oltre agli altari laterali. Ci sono alcuni ordini di considerazioni da fare a tal proposito. Anzitutto la definizione di “...chiesuola..” attribuita all’Annunziata non doveva far pensare ad un edificio di particolare rilievo, se non per dimensioni, almeno per foggia architettonica. Una descrizione inedita dell’Annunziata redatta da un Padre della Provincia Romana degli Agostiniani, forse alcuni anni prima del 1780, c’informa che la chiesa era “…piccola e brutta…”. La chiesa vista dal padre agostiniano, pensiamo non sia la stessa come la vediamo noi oggi; perlomeno crediamo che ad essa doveva mancare il corredo stilistico attuale consistente nel telaio degli ordini architettonici piatti delle paraste poste ad inquadrare le arcate delle cappelle, come anche le colonne libere di sostegno all’arcone di separazione tra aula e presbiterio e la trabeazione la quale corre lungo tutto il perimetro della chiesa. Del resto non possiamo immaginare come detto prezioso commento stilistico alle nude pareti possa essere avvenuto in anni passati ne’a spese della comunità di Genzano che, già una volta, nel 1677, con estremo sacrificio aveva appena provveduto a rifondere il manto in tegole dell’edificio.

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Alcuni anni dopo la relazione sulla condizione della chiesa e convento della SS.Annunziata, i Padri Agostiniani decidono di mettere mani ad una ristrutturazione del complesso. E’ il 1786 e la chiesa è dotata della nuova ed attuale, e diremmo superba, facciata.

E’ proprio un esame approfondito del prospetto della facciata e della planimetria della chiesa che ci consente d’avanzare un importante ipotesi volta all’aggiornamento delle fasi cronologiche di costruzione e trasformazione dell’edificio.

Abbiamo notato come il disegno della facciata è stato tracciato secondo un serrato rincorrersi di rapporti proporzionali tra le dimensioni complessive del telaio geometrico rettangolare che la contiene tutta e una serie di sottomoduli rettangolari a quello organicamente saldato. Ma ciò che più conta è che anche all’interno è rintracciabile una volontà di perseguire un ordine geometrico posto a controllare lo sviluppo orizzontale dell’edificio. Inoltre sia la facciata che la planimetria interna sono affratellate da una medesima struttura geometrica tale da far pensare che lo stesso autore della facciata deve anche avere messo mani all’interno conferendogli l’attuale aspetto. In effetti, la discordanza tra la misura in larghezza della chiesa attuale di metri 9,7163 e di quella misurata nella visita pastorale del 1663, può essere spiegata solo con la circostanza che vede le cappelle laterali aggiunte in un secondo momento, aprendo varchi nella muratura esistente, assieme al corredo stilistico degli ordini architettonici, della trabeazione di coronamento, dell’arcone di separazione il quale si segnala tra l’altro per la curvatura vistosamente difforme da quella della volta. E pensiamo che al 1780 il padre agostiniano che definiva “...piccola e brutta…” l’Annunziata aveva sotto gli occhi ancora la vecchia e disadorna chiesa cinquecentesca.

Tornando allo studio dei rapporti proporzionali in facciata e in pianta, è stato possibile riscontrare come in quest’ultima, considerando l’intera lunghezza della chiesa corrispondente a metri 22,5258 e la larghezza, misurata ai vani delle cappelle, di metri 9, 7136, è stata rilevata l’applicazione precisa del palmo romano. Infatti, i metri 22,5258 della lunghezza corrispondono a 102 palmi romani e i metri 9,7136 corrispondono a 44 palmi romani. Se poi si misura la lunghezza della sola aula per la larghezza predetta si ottiene un rettangolo di 44 palmi per 66 secondo un rapporto della misura corta rispetto quella lunga di 1,5.

All’esterno, se si riquadra la facciata da terra sino alla sommità, coincidente con il simbolo dei monti chigiani posto sopra il colmo del timpano triangolare di coronamento, si ottiene un rettangolo di 50 palmi romani in larghezza, misura presa all’estremo delle paraste esterne, e di 75 palmi in altezza del tutto analogo a quello rintracciato in pianta. L’ignoto architetto, cioè, ha voluto attribuire anche all’interno una regola di proporzionamento armonica cercando di vincere le resistenze poste dal preesistente impianto perseguendo lo scopo con la sola possibilità a disposizione, lavorando cioè sulla profondità delle nuove cappelle, aperte in breccia nelle vecchie murature, e riarticolando i vani dell’aula e del presbiterio, ridimensionando quest’ultimo secondo una matrice perfettamente quadrangolare. La nuova sistemazione presbiterale venne poi arricchita aggiungendo l’arcone di separazione con l’aula, la cui ghiera in mattoni è visibile all’estradosso della volta altro segnale di una costruzione postuma rispetto alla volta a botte realizzata in concrezione.

L’ipotesi di trasformazione interna mediante l’inserimento delle cappelle, l’apertura delle soprastanti finestre, e il rimaneggiamento del presbiterio potrebbe spiegare molto dell’attuale dissesto statico patito dall’edificio il quale sarebbe da addebitare ad una diminuzione della rigidezza complessiva causata dalla localizzazione di masse vuote nel corpo delle murature originarie.

1.2.2. Ricostruzione della cronologia degli eventi di dissesto: storia e documenti

Che la chiesa potesse avere sin dall’origine il medesimo attuale impianto è comunque ipotesi che, in assenza di conferme documentarie certe, non può escludersi. L’indagine d’archivio non ha però evidenziato l’insorgere di particolari preoccupazioni della comunità di Genzano circa lo stato di salute della SS.Annunziata prima del menzionato intervento di rifacimento della facciata del 1786. Solo nel 1677 il consiglio dei priori stabilisce che si donino i ricavati delle vendite delle erbe per porre mano a riparazioni urgenti ma che però dovettero riguardare le coperture.

Del 1831 è una perizia per lavori di costruzione della nuova sagrestia; nel relativo computo metrico si parla di “…crepaccia...” sulla facciata della chiesa. In effetti, il territorio di Genzano fu interessato nel 1806 e nel 1826 da uno sciame sismico di magnitudo pari a otto e sette. Successivamente in una stima di lavori di riparazione del 1834 si parla espressamente “...necessarissimi lavori da farsi nel tetto, e volta della chiesa della SS.Annunziata...”. Riguardo la volta è più che ragionevole pensare che si tratti di quella posta a copertura del presbiterio, percorsa in diagonale da due profonde fenditure. Inoltre il mastro Gaetano Pasini compilatore della perizia di spesa cita una lesione “...all’arcone incontro all coro…”. Un dissesto imputabile proprio alla discontinuità temporale e strutturale esistente tra la volta di copertura e la membratura laterizia dell’arcone.

Nel 1880 il governatore della confraternità dell’Orazione e Morte, alla quale la chiesa era stata ceduta dal comune nel 1821, in una lettera all’allora sindaco informa dello stato di precaria stabilità della chiesa: “...che minaccia di giorno in giorno qualche forte danno...” sollecitando pronte riparazioni. Nei lavori che seguirono furono collocate le attuali catene. Le cronache informano che fino a quella data si erano verificati almeno tre eventi sismici di media intensità.

Nel gennaio del 1892 una forte scossa di terremoto arrecò diversi danni al paese. Dell’efficacia di questo evento sismico ne sono testimonianza le cronache d’archivio del comune di Genzano; molti edifici subirono danni alle strutture e, solo per fare un esempio, il casino del celebre pittore Carlo Maratti dovette venire puntellato. Le lesioni, che già in passato si dovettero aprire nel corpo dei muri della chiesa, subirono ulteriori progressioni. Al terremoto del 1927 seguirono gli eventi bellici i quali causarono non pochi danni, come è documentato da fotografie che ritraggono la facciata della chiesa totalmente in rovina, priva della maggior parte degli intonaci e traforata dai colpi dei proiettili. Il canonico Previtali, nel suo fondamentale manoscritto sulla chiesa dell’Annunziata, ricorda la forte resistenza incontrata da un proiettile di cannone sparato contro una delle fiancate laterali.

Da allora gli ultimi lavori di una certa consistenza che si ricordano sono quelli condotti, nell’immediato dopoguerra, sulla facciata ripristinata negli intonaci, nelle decorazioni a stucco e nel colore.

L’edificio, quindi, affrontò gli sciami sismici degli anni ottanta nelle condizioni di dissesto, subito nel corso dei terremoti dell’ottocento, senza che si programmassero interventi di consolidamento sulle strutture già sofferenti. Gli sciami sismici degli anni ottanta hanno solo potuto causare qualche lieve danno, dovuto, in particolare, alle sovrastrutture decorative in stucco che, in prossimità delle lesioni, hanno subito distacchi dal retrostante supporto murario.

1.3. Tipologia strutturale: materiali, tecniche esecutive e modalità d’esecuzione

Le singole tipologie strutturali dell’edificio possono essere articolate in:

- Strutture di fondazione

- Strutture in elevazione

- Strutture orizzontali di coperture

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1.3.1.Strutture di fondazione

La consistenza del terreno di fondazione è stata saggiata mediante prove penetrometriche effettuate sul lato verso lago e quello opposto. Verso lago la massa battente si è arrestata a metri 7,40 mentre sul lato opposto si è arrestata a metri 6,2°. In entrambi i casi con rimbalzo della sonda tipica di tipologie litoidi. La ricostruzione della stratigrafia incontrata, stando alle conclusioni del geologo incaricato dei saggi, potrebbe articolarsi in due livelli. Il primo livello penetrato dalla massa battente potrebbe essere di tipo cineritico e sabbioso lapilloso con una profondità variabile tra i metri 7,20 e metri 6,20.

Il livello rivelatosi resistente alla penetrazione della massa battente potrebbe essere il frutto di depositi di colata piroclastica litoidi con un valore di carico a rottura sicuramente superiore a 50 Kg/cm2.

Le murature di fondazione girano secondo un anello continuo lungo le pareti laterali e quelle trasversali. Verso l’interno l’anello di fondazione è più largo delle murature di elevazione di circa metri 0,65 mentre, verso l’esterno, è ipotizzabile un ulteriore scarto che non è stato però possibile valutare con esattezza. Completa la struttura di fondazione un altro muro posto tra i due di fondazione e a questi collegato mediante setti di spina trasversale. In tal modo al disotto del pavimento vi sarebbero una serie di ambienti voltati a botte ribassata nei quali sono state, poi, ricavate le sepolture collettive. La geometria della struttura di fondazione sarebbe, quindi, del tipo continuo a griglia tale da costituire una piattaforma, resistente, di scarico dei pesi al suolo di estrema rigidezza.

1.3.2. Tipologia delle strutture in elevazione

La tipologia della chiesa ad aula rettangolare e presbiterio di fondo, entrambi voltati a botte e soprastante copertura lignea in capriate, definisce anche la tipologia strutturale in elevazione.

- Murature laterali esterne continue di resistenza longitudinale all’azione sismica; su queste scaricano i loro pesi la volta di copertura dell’aula e del presbiterio, anche con azione spingente, e il tetto a doppia falda sostenuto da capriate in legno.

- Murature continue di chiusura trasversale con funzione principalmente di irrigidimento del sistema costruttivo. Quest’ultime sono da considerare ai fini della resistenza sismica per via dei nodi di collegamento scatolare con le murature portanti laterali.

1.3.3. Strutture orizzontali di copertura

I vani dell’aula e del presbiterio sono coperti da una volta a botte. La sezione sul vano dell’aula ne ha evidenziato la perfetta geometria a pieno centro. Il tetto a due falde è sostenuto da capriate lignee poste in corrispondenza dei pilastri murari.

- Muratura della volta di copertura: si tratta di una volta realizzata in conglomerato di calce, pozzolana e frammenti tufacei di grandezza assortita. Lo spessore in chiave è di circa metri 0,22 mentre il riempimento ai fianchi è costituito da materiale inerte sciolto e polverizzato.

- Tetto: la copertura è sostenuta da quattro capriate, in legno di castagno, dalla canonica geometria con tirante, puntoni, monaco e saette. Le testate sono ammorsate all’interno di muretti in blocchi tufacei, posti in corrispondenza dei sottostanti pilastri murari di sostegno delle arcate delle cappelle. L’interasse delle capriate, corrispondenti al vano dell’aula, è di circa metri 5,20. Sopra i puntoni sono tre arcarecci, in castagno, per lato mentre la piccola orditura è in morali di castagno, abete e soprastante tavolato in abete con imprimitura di bitume. Il manto di copertura è in tegole portoghesi. Nel complesso le capriate godono ancora di buona salute. Il legno di castagno non presenta significativi fenomeni di degrado dovuto all’aggressione biologica. Dove si sono riscontrati i segnali del tarlo è stato possibile verificare un’ammaloramento superficiale del legno solo per alcuni millimetri. Alcune membrature delle capriate sono percorse da lesioni lungo le fibre longitudinali. Si tratta di un fenomeno fisiologico dovuto al ritiro del legno causato dallo scambio termoigrometrico con l'ambiente circostante da non assumere come un fattore di potenziale pericolo. Alcune di queste capriate presentano evidenti tracce di riparazione. Alcuni di questi interventi sono di dubbia utilità se non dannosi come, ad esempio, le aste di collegamento puntone-tirante poste alle estremità di quest’ultime. Da sottolineare, invece, l’insufficienza delle sezioni delle saette poste a sostenere i puntoni ai quali, peraltro, sono collegati mediante semplici fermi in legno, in luogo della tradizionale ammorsatura. Inoltre, dette saette sono disposte in modo da intercettare i puntoni in posizione eccessivamente decentrata rispetto la mezzeria. Particolare attenzione è stata posta ai nodi di appoggio puntone-tirante. A tal riguardo occorre osservare come la profonda ammorsatura, di dette testate all’interno delle murature, non sia perfettamente compatibile con la necessità di assicurare per questa delicatissima componente della struttura, un’adeguata areazione della sede d’appoggio al fine d’evitare fenomeni d’immarciscimento. Basterà richiamare Leon Battista Alberti quando, con estrema lucidità, osservava “…i piani sui quali si appoggeranno le travi dovranno essere fatti perfettamente orizzontali e quanto più solidi e robusti sia possibile. All’atto di disporvi le travi si faccia attenzione ad evitare che il legno venga a contatto con la calce, e si lascino inoltre attorno ad esso degli spiragli aperti, perché non subisca il minimo contatto che possa danneggiarlo o marcisca trovandosi in ambiente chiuso.”. E’ del tutto evidente la preoccupazione che il legno in ambiente chiuso e non areato, possa subire, a causa dell’umidità, l’aggressione funghigina che ne svuoterebbe la consistenza interna privandolo della propria resistenza. Altro difetto riscontrato è la connessione, realizzata per alcune capriate, tra tiranti e puntoni quest’ultimi semplicemente appoggiati e privi del tassello d’inserzione.

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1.4. Tipologie murarie e modalità esecutive:

1.4.1. Murature d’ambito laterali e trasversali di chiusura

L’impianto murario preponderante nell’intera struttura è in blocchetti tufacei misti a blocchetti di basalto irregolarmente squadrati, disposti su ricorsi sub orizzontali, scaglie e frammenti di rinzeppamento di tipo misto in tufo, basalto e laterizio (tegole e mattoni) e letti di malta pozzolanica mediamente spessi oltre il centimetro. Tale tipo di muratura potrebbe essere efficacemente essere descritto mediante la definizione del Donghi di “muratura di pietra concia”; egli precisa che “ogigiorno raramente si costruiscono muri di sole pietre conce, che risulterebbero assai costosi, e la pietra da taglio si adopera come materiale di rivestimento...” aggiungendo che “...le pietre conce vengono collegate tra loro, o col rimanente della muratura costituente il muro quando questo non è tutto di pietra da taglio, mediante addentellati o ammorsature...”.

Una valutazione sulla modalità esecutiva di questa muratura non è possibile per via di analisi diretta, poiché sarebbero state necessari saggi di scavo piuttosto invasivi che, invece, si sono voluti evitare. Una muratura di questo tipo per svolgere efficacemente la sua funzione statica, deve possedere un comportamento sotto l’azione di sollecitazioni esterne di tipo monolitico. La deformazione della muratura sotto un’azione dinamica, cioè, deve avvenire mediante una rotazione rigida nel piano evitando ch’essa entri in collasso per disgregazione degli elementi componenti. Nel caso della muratura in esame si sarebbe trattato di verificare punto per punto la consistenza della malta legante, l’assortimento del pietrame e la sua disposizione interna. Il comportamento monolitico della muratura, quindi, è ampiamente influenzato da questi tre fattori. Nel caso in esame è stato possibile rilevare come entrambe le pareti murarie di chiusura trasversale dell’edificio, hanno subito una rotazione rigida verso l’esterno, scollandosi dalle murature d’ambito laterali. Si tratta di un dissesto di vecchia data, al quale è stato ovviato montando dei sostegni isolati sulla volta in prossimità degli incastri degli arcarecci di colmo su dette murature.Ciò si rese necessario proprio perché la rotazione rigida verso l’esterno ha sortito la fuoriuscita delle travi di colmo dalle loro sedi, mettendo a repentaglio la stabilità di quella parte della copertura. L’inserimento di carichi concentrati sulla volta di copertura sottoforma di puntoni, seppure disposti in chiave e alle reni, è però un elemento di potenziale pericolo al quale occorre ovviare.

1.4.2. Murature terminali delle pareti laterali

Il tratto terminale delle murature d’ambito laterali, per un’altezza di circa metri 0,60, è di assai scarsa consistenza. Non solo si è potuto verificare un diffuso fenomeno di polverizzazione della malta ma, anche. l’assenza di un assortimento adeguato degli elementi costituenti, trattandosi di scaglioni di pietra con una percentuale notevole di piccoli frammenti di rinzeppamento.

1.4.3 Muretti di sostegno delle capriate

Le testate delle capriate sono completamente ammorsate in muretti disposti sul rinfianco della volta. Alcuni di essi hanno subito un degrado dovuto all’azione dinamica di punzonamento delle testate mentre altri, a causa dell’eccentricità del carico, sono entrati in trazione. In entrambi i casi la qualità di queste murature è assai modesta, trattandosi o di scaglioni di pietra malamente legati da una malta di pessima qualità o di blocchetti in tufo dalle non migliori caratteristiche costitutive.

1.4.4. Muratura della volta

La muratura della volta a botte di copertura è in coglomerato di calce e pozzolana con elementi inerti misti. All’esame visivo essa non mostra particolari segni di degrado presentandosi ancora compatta e senza fenomeni di decoesione della malta legante. In superficie non si riscontrano significativi segni di fratture dovute a cedimenti delle murature d’ambito laterali, mentre alcune vecchie lesioni, sigillate in passato, non hanno subito ulteriori movimenti se non quelli infinitesimali dovuti alle variazioni termiche.

1.5. Il dissesto statico: ipotesi di comportamento statico, mappatura del quadro fessurativo interno, meccanismi di collasso e risultati del monitoraggio

All’interno della chiesa la geografia delle lesioni, causate dagli eventi sismici trascorsi, consente di formulare una fondata ipotesi sul comportamento statico della fabbrica sotto le azioni dinamiche indotte dal sisma. E’ utile ricordare come l’impianto tipologico-spaziale di un edificio concorra a determinarne le reazioni e il grado di resistenza alle sollecitazioni taglianti indotte dalle forze orizzontali del sisma. Nel nostro caso il compito di dissipare l’energia sismica, di resistere ai momenti ribaltanti e alle sollecitazioni taglianti, causati alternativamente dalle forze che agiscono ortogonalmente ai piani delle pareti e dalle forze le quali, invece, agiscono parallelamente ad essi, è demandato ai soli maschi murari disposti secondo un semplice schema scatolare. Di questo importa la rigidezza complessiva esprimibile come comportamento solidale di tutte e quattro le membrature e quella intrinseca di ognuna di esse relativa alla sodezza e monoliticità della costituzione materiale interna. La soprastante struttura di copertura, in capriate lignee, dovrebbe contribuire a migliorare il comportamento solidale dell’impianto scatolare della chiesa, esercitando una funzione di collegamento e ripartizione dei carichi. Rimane la volta a botte di copertura che, nel caso dell’Annunziata è del tipo a membrana in getto di conglomerato e rinfianchi laterali.

Le quattro murature d’ambito dell’impianto scatolare della chiesa non sono interamente monolitiche per articolare nel loro spessore i vani delle cappelle, di porte e finestre. Su entrambi le pareti laterali, in corrispondenza dell’aula, si aprono tre profonde nicchie che ne riducono notevolmente, assieme alle soprastanti finestre collocate all’imposta della volta a botte, la massa muraria. In corrispondenza del vano presbiterale si aprono, una per lato, i vani di due porte mentre in alto, all’imposta della volta di copertura, sono ulteriori quattro finestre, due per lato. La parete di facciata è scavata al centro dal portale d’ingresso e, al di sopra del primo ordine di colonne, dal finestrone centrale d’illuminazione dell’aula. Le murature non sono, quindi,monolitiche, ma allegerite dallo scavo di questi vani e questo ne comporta una diminuzione della rigidezza complessiva costituendo veri e propri punti di debolezza. Abbiamo motivo di credere, come si dimostrerà più avanti, che la presenza delle attuali cappelle laterali sia da far risalire non all’impianto originario ma all’intervento di ristrutturazione subito dalla chiesa nel 1786, quando si costruì la nuova facciata. Considerazione, questa, non del tutto irrilevante se pensiamo che le notizie di danni dovuti ad eventi sismici ci vengono restituite dalle cronache d’archivio in date posteriori a questo intervento di trasformazione.

Per completare il quadro delle informazioni relative al comportamento della fabbrica sotto l’azione sismica, occorre non dimenticare la presenza di corpi edilizi addossati alle murature laterali. Si tratta di una casa privata a due piani e del convento annesso alla chiesa posti, rispettivamente, sul lato verso lago e su quello ad esso opposto.

1.5.1 Localizzazione delle fratture all’interno della chiesa

- fiancate laterali: la prima e l’ultima cappella di entrambe le fiancate laterali, sono percorse da fratture che dalla chiave di volta dell’arcata giungono, in alto, sino alla superficie della lunette attraversando il vano delle finestre all’altezza dell’estremità angolare inferiore nella direzione verso l’ingresso e dell’architrave. Nel caso delle prime due cappelle laterali, la lesione, con una inclinazione di circa 30 gradi, ne taglia lo spessore e quello della relativa parete di testata. Le ultime due cappelle laterali, invece, sono interessate da una frattura ad andamento rettilineo. Essa è disposta in prossimità della chiave dell’arcata, giunge in alto sino alle finestre e alla superficie delle lunetta e, in basso, taglia lo spessore della cappella e della relativa parete di testata. Nel caso dell’ultima cappella di sinistra, la frattura interessa quasi l’intera altezza della parete di fondo. Altra lesione è nella fiancata di sinistra dell’area presbiterale; essa è ad andamento rettilineo ed è localizzata a partire dal margine angolare superiore del vano d’accesso alla sagrestia. Due altre fratture sono negli angoli tra le pareti laterali e quella di testata del presbiterio. Quest’ultima, inoltre, risulta costantamente scollata dal profilo d’attaco della volta a botte di copertura.

- Pareti di testata: la parete d’ingresso di chiusura trasversale è interessata da una frattura ad andamento rettilineo che taglia, in mezzeria, il vano del finestrone d’illuminazione e la trabeazione d’imposta della volta a botte; la medesima lesione, seppure di minore entità, si ritrova nella parte di chiusura trasversale opposta.

- Superficie della volta a botte: sulla superficie della volta a botte non appaiono vistosi cedimenti o deformazioni. Da segnalare, comunque, una frattura in corrispondenza della prima campata e della seconda campata lungo il bordo dei costoloni in stucco, un'altra in corrispondenza del costolone centrale con direzione ortogonale alla direttrice della volta, una coppia di fratture disposte in diagonale a convergere tra loro in corrispondenza dell’arcone presbiterale ed altre due in diagonale sulla volta a botte del medesimo presbiterio. Altre lesioni assortite secondo orientazioni parallele alla direttrice della volta e in diagonale a 45 gradi, sono sulle superfici delle lunette corrispondenti alle predette cappelle.

Da questa analisi descrittiva sembra rimanere immune la campata centrale dell’aula non interessata da nessun significativo fenomeno di dissesto.

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1.5.2. Ipotesi sui meccanismi di rottura

La geografia dislocativa delle fratture all’interno della struttura muraria ne denuncia le modalità di collasso subite. Le fratture individuate in corrispondenza delle prima e dell’ultima campata di cappelle, sono il frutto delle azioni orizzontali taglianti indotte dal sisma ed agenti lungo il piano parallelo alla parete che ne contiene i vani ed alternativamente attive ora in una direzione ora in quella opposta. Nel caso della prima campata, l’orientazione inclinata delle lesioni e la frattura lungo la direttrice della volta a botte, indicherebbe un meccanismo di ribaltamento della facciata principale sollecitata, sul piano ad essa perpendicolare, dalle medesime forze orizzontali agenti sui baricentri delle masse delle murature laterali. Che la parete abbia subito una rotazione verso l’esterno, soprattutto della sua porzione superiore foggiata a capanna, è dimostrato dall’avvenuta scollatura degli arcarecci dalle loro sedi. Anzi sarebbe da osservare come l’azione di punzonamento da essi esercitato abbia contribuito, in misura non trascurabile, al dissesto. Un medesimo meccanismo di ribaltamento si è osservato sulla parete di testata del presbiterio, ma stavolta limitato solo ai punti di snodo e contatto delle membrature murarie concorrenti al nodo d’ammorsamento, poiche in quella parte della chiesa le murature laterali sono più rigide a causa dell’assenza dei voluminosi vani delle cappelle. Segnale piuttosto evidente di questo fenomeno è la frattura che disegna il profilo della testata della volta a botte lungo la parete presbiterale. Per quest’ultima si è verificato il medesimo fenomeno di fuoriuscita dalle proprie sedi degli arcarecci del tetto. L’applicazione delle forze taglianti, lungo il piano parallelo alla parete trasversale della facciata, ne ha causato la profonda fenditura verticale, amplificata dalla presenza dei due vani del finestrone d’illuminazione, in alto, e del portale d’ingresso in basso.

La campata centrale rimasta illesa si è giovata, anzitutto, della collocazione mediana stretta tra le campate d’estremità che hanno perciò svolto una sorta di ruolo di sacrificio e di contraffortamento. Le finestre della campata centrale, inoltre, sono tamponate e ciò deve aver contribuito a maggiormente irrigidire questa parte della chiesa.

L’azione delle forze orizzontali, perpendicolari al piano delle murature laterali, non sembra averne causato singificativi, o comunque, visibili rotazioni verso l’esterno. E’ possibile, quindi, che ad evitare o comunque a contenere questo tipo di dissesto, siano stati i due corpi di fabbrica addossati su entrambi i lati della chiesa i quali si troverebbero ad esercitare una funzione di contrasto e placcaggio.

1.5.3 Il monitoraggio del quadro fessurativo: risultati e valutazioni

Il dissesto della chiesa è, principalmente, il frutto di eventi regressi e l’edificio ha trovato una sua condizione di equilibrio che, se giudicato precario, giustificherebbe ben altri interventi invasivi che quelli di un restauro di consolidamento volti, invece, ad una sostanziale conservazione dell’impianto tipologico e strutturale, pur migliorandone il comportamento sotto l’azione delle sollecitazioni dinamiche indotte dal sisma.

Per giungere ad un giudizio sufficientemente fondato circa l’evoluzione nel tempo del quadro fessurativo, si è deciso di procedere ad un monitoraggio che ne controllasse, istante per istante, i movimenti correlando quest’ultimi ad eventi esterni, quali temperatura, eventi sismici, movimenti fondali o cedimenti di murature potendone quindi valutare la situazione di rischio.

Per la descrizione tecnica dettagliata del sistema di rilievo strumentale si rimanda all’allegata relazione specialistica redatta dalla ditta incaricata del monitoraggio. In sintesi sulle lesioni più significative sono stati collocati dei misuratori di apertura; nei punti di avvenuto scivolamento delle membrature orizzontali sono stati applicati sensori inclinometrici biassiali mentre due altri sensori sono preposti alla misura della temperatura interna-esterna.

Il periodo di monitoraggio è iniziato il 17 dicembre 2002 e si concludera’ il 17 dicembre 2003. Attualmente disponiamo dei dati relativi alle prime due frazioni trimestrali. In entrambi i segmenti temporali di misura, i dati raccolti hanno evidenziato una tendenza delle fratture da aprirsi e chiudersi concordemente con l’andamento della variazione termica. Una sola lesione, quella in corrispondenza della terza cappella di destra, ha subito una brusca apertura di 2 mm in data 16 gennaio, le cui cause verranno verificate nel secondo segmento temporale di rilievo per stabilire se il movimento e’ da attribuire o meno a fattori accidentali. I clinometri biassiali non hanno invece registrato movimenti di sorta che non siano riconducibili a variazioni di tipo strumentale.

Le relazioni illustrative allegate ai due monitoraggi trimestrali concludono sostenendo l’esistenza di “...una chiara dipendenza dei movimenti (apertura/chiusura delle lesioni) con i fenomeni termici...”. I fenomeni rilevati, quindi, rientrerebbero “...per tipologia e ampiezza nel normale range di deformazione delle murature…”.

Questi dati, se confermati, starebbero ad indicare l’assenza di fenomeni di dissesto in atto imputabili a cedimenti nelle strutture murarie o a movimenti del suolo in atto.

1.6. La facciata: architettura, degrado delle superfici e metodologie di restauro

1.6.1 L’architettura della facciata

Prima di considerare la casistica del degrado delle superfici architettoniche della facciata, occorre premetterne qualche breve considerazione di natura storico-critica.

L’attuale lastra della quinta d’ingresso alla chiesa, è foggiata secondo un piano parete rettangolare con timpano centrale di coronamento e ali rettilinee. E’ articola in due ordini sovrapposti di paraste e colonne tuscaniche in basso e di lesene ioniche in alto alternate a specchiature svuotate da nicchie adornate, nel catino, da raffinate valve di conchiglia e da stucchi lobati, frutto dei lavori di “riabbellimento” condotti dalla Provincia dell’Ordine degli Agostiniani nel 1786. Non possiamo aggiungere a questa notizia null’altro che considerazioni di carattere stilistico e storico-critico volte alla comprensione del valore figurativo della composizione,tentando d’identificarne la matrice culturale di provenienza.

Sembra utile richiamare la coeva impresa della costruzione della nuova chiesa collegiata della SS. Trinità per opera dei Camporese, Pietro il Vecchio e del figlio Giuseppe,il quale gli subentrò alla sua morte. Entrambe le opere, infatti, sono l’espressione di una cultura architettonica, quella romana tardo settecentesca, che resiste alla penetrazione delle cadenze neoclassiche, ormai diffuse nel resto della penisola ed in Europa, opponendo il valore di una tradizione, quella del tardo manierismo Romano, consolidata ed innovata dagli innesti della cultura barocca.

Entrambe le facciate alludono, nell’impianto tipologico, ai collaudati modelli delle grandi chiese romane della fine del ‘500 e dei primi decenni del ‘600, a loro volta stabilizzati sugli exempla eroici della stagione d’oro dei maestri del Rinascimento romano. In particolare la chiesa dell’Annunziata si segnala per l’interessantissima ripresa del tipo di facciata a palazzo che ha, nelle chiese di San Luigi dei Francesi di Giacomo della Porta, di San Gregorio Magno di Giovan Battista Soria e di Santa Bibiana di Gian Lorenzo Bernini, i predenti più immediati e prestigiosi. La cultura che sembra operare dietro il disegno della SS.Annunziata sembra essere orientata ad un contenimento delle modulazioni architettoniche per mezzo di parche scansioni, rigidamente controllate da una geometria semplice e fortemente sottomessa ad una ferrea regola compositiva capace di legare ogni singolo settore della quinta e financo ogni dettaglio stilistico alla matrice compositiva generale. All’interno di questo telaio fortemente organico, costruito mediante la maniacale applicazione delle unità di misura in palmi e per il tramite di questi del modulo elementare ottenuto alla base del fusto di paraste e colonne, trovano posto sottili, e controllate dalla regola compositiva, variazioni degli interassi che stemperano e diluiscono il ritmo sobrio e composto della composizione, entro le sottili variazioni dei campi d’influeza figurativa (parasta–nicchia-parasta; parasta-specchiatura colonna; colonna-portale d’ingresso-colonna). La propensione alla semplicità e alla chiarezza che ordina la figurazione architettonica della quinta è, poi, commentata da delicati inserti in stucco posti ad occupare i limiti delle specchiature inquadrate dal telaio delle ordinanze architettoniche. Si distinguono, per grazia e delicatezza del modellato, le valve di conchiglia incastonate nei catini delle nicchie che scavano, in entrambi gli ordini, le specchiature d’estremità. Una contaminazione, cioè, del linguaggio ordinato è composto del palinsesto architettonico, ottenuta con citazioni provenienti dalla tendenza morbida e sinuosa del tardo barocco romano dei primi trent’anni del settecento.

Nel solco di una stratificata tradizione architettonica, leggibile chiaramente nella giustapposizione degli elementi componenti entro il telaio matrice, si sviluppa una tendenza autonoma dall’imperversante neoclassicismo, che punta verso quel purismo delle forme visibile nella chiesa dell’Annunziata e in quella vicina della SS.Trinità dei Camporese nel disegno delle singole modanature e membrature delle ordinanze architettoniche.

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1.6.2 Il degrado

La casistica del degrado che si è rilevata e mappata sulle superfici della facciata si è giovata, anzitutto, dell’articolazione in tre tipologie materiali ed esecutive componenti:

- Intonaco

- Peperino rivestito in stucco

- Peperino

Su di esse si è proceduto ad una classificazione dei fenomeni del degrado, partendo da quelli meno nocivi per la integrità di esse superfici a quelli che hanno innescato processi di deterioramento profondo non più reversibile.

- Depositi superficiali: si tratta di sedimenti di varia natura (smog, polveri, ceneri, pollini ecc.) localizzati sulle superfici non soggette all’azione pulente delle acque perché protette dai cornicioni o perché incassate rispetto al piano parete.

- Pellicole pittoriche sovrammesse: si tratta della sovrapposizione di tinte presumibilmente alla calce rimaste in sito, perché non soggette all’azione dilavante della pioggia e dei fenomeni erosivi del vento; sono localizzate anch’esse nelle parti protette dai cornicioni o rientranti rispetto al filo parete. La scomparsa delle tinteggiature su tutto il resto della facciata, o la rimanenza a macchie di leopardo di quella che pare una scialbatura a calce di preparazione, si deve all’azione combinata dei fenomeni atmosferici e a una non perfettamente riuscita carbonatazione della tinta sulla colla d’intonaco, imputabile a difetti d’esecuzione. In apparenza il tipo di degrado è solo superficiale ma non è da esludersi che, a causa dei cicli di condensazione notturna, si sia formata una crosta retrostante di materiale debole a causa della penetrazione di sostanze acide.

- Patina Biologica: si sono riscontrate almeno due diverse formazioni a carattere biologico. Lungo i piedistalli del secondo ordine e per tutta la superficie della cornicie marcapiano, le formazioni biologiche assumono la consistenza di tappetini compatti a portamento erbaceo (muschi) di colore prevalentemente verde, con concentrazioni nero-verde scuro. Sui lati delle paraste esterne del secondo ordine, lungo le basi delle medesime e sui risalti delle mostre e cornici le formazioni biologiche assumono un colore prevalentemente nero su strati compatti. La proliferazione dei ceppi algali presenti nelle colonie dei microorganismi autotrofi, è favorita da condizioni microclimatiche ricche di umidità e dalla presenza di luce. Nel caso della SS.Annunziata il piedistallo d’imposta del secondo ordine, è interessato da un rilevante fenomeno di ristagno delle acque piovane causato, anche, dalla scarsa pendenza della copertina del cornicione. Analogamente avviene per altre superfici, di ristagno dell’acqua come i risalti delle cornici, delle modanature e delle basi delle colonne. Nel caso dei lati delle paraste del secondo ordine, il fenomeno è da attribuire al tasso di umidità delle superfici. Nel caso di aree intonacate molto corpose, è possibile che il danno sia limitato ad una azione corrosiva superficiale, come provato da saggi condotti su alcune delle zone interessate dall’aggressione biologica. Nel caso, invece, delle basi delle paraste in peperino rivestite in stucco, si sono osservati rilevanti fenomeni di disgregazione i quali hanno portato allo scoperto la pietra, innescando processi di deterioramento profondo anche di quest’ultima.

- Vegetazione: le formazioni vegetali, a portamento erbaceo, sono particolarmente dannose quando si localizzano su elementi architettonici di qualsiasi natura. Numerose formazioni vegetali, si riscontrano lungo il manto di copertura del cornicione di coronamento del secondo ordine, ma anche sull’estremità destra del cornicione mediano. In questo caso, il danno prodotto dalla penetrazione delle radici, è consistito nella caduta di un frammento di cornicione. In alto la crescita delle piante, è indice di una persistenza al ristagno delle acque piovane e, quindi, ad un difetto nello smaltimento delle stesse. E’ possibile che tratti di cornicione, seppure apparenti in buone condizioni siano, invece, in uno stato di deterioramento interno molto spinto.

- Fessurazioni: l’intera superficie intonacata, è interessata da trame di fessurazioni dell’intonaco. Esse sono dovute a difetti esecutivi nella composizione dell’impasto delle malte e alla loro applicazione, costituendo un veicolo d’accesso, per l’acqua, che può aver innescato situazioni localizzate di decoesione e distacco del corpo dell’intonaco dal supporto murario retrostante. Nel caso degli intonaci a calce e pozzolana, localizzati in prossimità dello zoccolo in malta di cemento, le fessurazioni sono assai più consistenti dando luogo a cadute e ad evidenti segni di decoesione e disgregazione. Ciò è dovuto alle tensioni indotte dall’intonaco cementizio.

- Fratturazioni: le fratturazioni sono soluzioni di continuità interessanti l’intero spessore dell’intonaco causate da dissesti statici indotti dalla struttura. Una frattura è stata localizzata in corrispondenza dell’architrave del finestrone al secondo ordine.

- Decoesione: la diminuzione della coesione tra i componenti inerti e il legante della malta, con coseguente aumento della porosità, ha sicuramente interessato quegli intonaci sottoposti a condizioni ambientali di maggiore esposizione alle acque meteoriche. Si tratta di un fenomeno probabilmente diffuso a macchia di leopardo sull’intera facciata da valutare puntualmente in sede di esecuzione dei lavori.

- Disgregazione: si tratta di una perdita di coesione avanzata, dei materiali componenti l’impasto d’intonaco caratteizzato dalla perdita di granuli anche sotto minime sollecitazioni meccaniche. La facciata è interessata da questo fenomeno in punti localizzati, dove è stato riscontrato visivamente. Si tratta di parti di stucchi al secondo ordine e di tratti di cornicione i quali, seppure in apparente stato d’integrità mostrano, a breve distanza, segnali di deterioramento spinto.

- Rigonfiamento: è un adeformazione dell’intonaco caratterizzata dalla sollevazione localizzata dell’intonaco. È stata localizzata in una zona marginale del rivestimento cementizio allo zoccolo dell’edificio.

- Distacco: è una soluzione di continuità tra lo strato interno dell’intonaco e il relativo substrato murario. È causato da fenomeni di subcristallizzazione interna dei sali solubili presenti nelle acque d’infiltrazione. Al primo ordine è stato possibile verificare, mediante indagine diretta, l’esistenza diffusa di zone distaccate, coincidenti con le aree maggiormente interessante dalle ragnatele delle fessurazioni diffuse.

- Mancanza: la caduta di parti d’intonaco semplice e a stucco decorato si è verificata in zone localizzate della facciata. In particolare risultano mancanti frammenti di capitelli ionici e di lacerti d’intonachino al second’ordine, un frammento di cornicione al primo ordine, parti limitate d’intonaco delle colonne del primo ordine.

- Reintegrazione incongrua: la reintegrazione della parte basamentale della facciata, con intonaco di cemento forte, costituisce tanto una degradazione di tipo materiale, per gli effetti di degrado indotti agli intonaci di calce e pozzolana contigui, quanto una degradazione di tipo estetico. Lo zoccolo grigio cementizio, infatti, interferisce indebitamente con l’articolazione figurativa dell’impalcato architettonico il cui svolgimento viene inopinatamente interrotto.

1.7.3. Contenuti e metodologie di restauro della facciata

L’aver fatto precedere l’analisi del degrado della facciata e le riflessioni metodologiche operative relative al restauro che se ne dovrà compiere dallo studio dei suoi caratteri figurativi e della relativa cultura che li sostiene, è utile per orientarne l’approccio metodologico.

Occorre anzitutto rammentare come moltissima parte delle attuali superfici intonacate della facciata, sono il frutto di un intervento di restauro compiuto da una ditta locale di Genzano nell’immediato dopoguerra. Della facciata originaria, ridotta allo scheletro murario portante, rimanevano lacerti d’intonaci, stucchi e cornicioni. Attraverso quanto s’era conservato, furono eseguiti i modine in legno e ripristinati cornici, capitelli, basi, architravi, cornicioni ecc. Non che l’esecuzione fu immune da difetti ed anomalie ma, nel complesso, il lavoro fu encomiabile poiché il ripristino di tutti gli elementi stilistici salienti, mediante la copia eseguita col modine, ha evitato la perdita di un documento storico ed artistico d’indubbio valore. E del resto anche il rifacimento effettuato con le capacità e un sapere artigianali, costituisce esso stesso un documento storico da non obliterare con demolizioni e rifacimenti incontrollati, quand’anche questi siano sostenuti dalla lodevole intenzione di emendare gli errori di quel restauro.

La facciata sulla quale si dovrà lavorare, quindi, non sarà quella ideale ricostruibile attraverso un rifacimento integrale d’intonaci e modanature, quanto quella esistene nella sua consistenza materiale e figurativa autentica.

A tal fine gli interventi dovranno tendere a privilegiare il rispetto della sostanza materiale autentica quando questo risulti possibile, senza ricadute negative per la compiutezza formale degli elementi dotati di speciale foggia architettonica.

Gli interventi di restauro articolati in operazioni di pulitura, consolidamento, reintegrazione e protezione si applicheranno alle superfici architettoniche a secondo del loro livello di pregio e dello stato di conservazione.

In linea di principio gli intonaci, semplici, modanati o decorati, che si trovino in buone condizioni, che non presentino fenomeni di disgregazione, polverizzazione e caduta, saranno conservati in situ. Per questi si provvederà alla pulizia profonda delle superfici mediante la rimozione delle pellicole pittoriche aderenti al sub-strato o in via di distacco (dopo avere effettuato gli opportuni saggi stratigrafici per verificare le cromie sovraposte) e dei relativi residui di deposito superficiale. Le superfici conservate dovranno essere preparate attraverso una accurata carteggiatura, all’applicazione successiva della tinteggiatura alla calce. Analogamente si procederà per le patine biologiche e alle formazioni vegetali a portamento erbaceo, la cui rimozione dovrà avvenire per azione combinata di trattamento chimico e manuale. Le fessurazioni diffuse dovranno essere sigillate, nel caso fossero profonde, mediante iniezioni di una miscela idraulica liquida o di una emulsione acrilica, oppure, se superficiali, semplicemente stuccate con malta di calce area e pozzolana ventilata. Locali distacchi potranno essere ovviati mediante iniezioni di miscele leganti idrauliche a basso contenuto di sali solubili con addittivi antiritiro. Solo si potranno rimuovere e ripristinare intonaci semplici e modanati (cornici, stucchi, mostre di finestre e cornicioni) nella eventualita’ di fenomeni spinti di degrado tali da rendere inutile il ricorso a tecniche conservative onerose e con ricadute negative per la compiutezza formale dell’opera, che, invece si ritiene un valore documentario da salvaguardare al pari di quello materiale della sua costituzione. In questo caso dovranno essere eseguiti con tutte le cure possibili, selezionando i modelli di cornici meglio conservati e maggiormente indicativi dei profili da replicare, per la esecuzione dei modine in legno. La ricostruzione di tratti di cornicioni dovrà essere accompagnata dalla ispezione delle sede muraria di sostegno, consolidando parti in muratura pericolante anche mediante l’inserzione di armature. Solo nel caso di particolari in stucco di particolare pregio, il cui rifacimento fuori opera potrebbe alterarne i lineamenti, si potrà ritenere opportuna l’applicazione di provvisioni conservative adeguate (preconsolidamento, incollaggio strutturale con resine epossidiche o barre in vetroresina, ecc.). Per gli elementi in stucco decorato andati persi, si dovrà procedere alla loro reintegrazione mediante calchi in gesso fuori opera o lavorazioni in stucco direttamente in sito. Nel caso delle basi delle paraste ioniche, del secondo ordine realizzate in peperino stuccato si dovrà valutare caso per caso l’eventuale rimozione dello stucco degradato ed il conseguente rifacimento in colla di grassello e polvere di marmo, dopo aver proceduto al consolidamento profondo della pietra, o la sua conservazione e locale reintegrazione anche utilizzando consolidanti inorganici (silicati di etile) applicati a pennello.

L’intonaco cementizio dello zoccolo, deve essere espunto facendo attenzione a non indurre danni alle sottostanti parti in pietra di peperino, con le quali furono sagomate le basi dell’ordine tuscanico. La reintegrazione dell’intonaco demolito sarà eseguita, previa esecuzione di appositi saggi sugli intonaci esistenti, mediante malta di grassello di calce e pozzolana,eventualmente integrata con polvere di laterizio per conferire resistenza all’umidità di risalita dovuta al fenomeno delle acque disperse.

Le superfici restaurate ed accuratamente pulite, saranno tinteggiate a secco mediante applicazione a pennello di un primo sottofondo di scialbo bianco al latte di calce con collante acrilico e successiva stesura a pennello di tinte alla calce con coloranti minerali.

La coloritura da attribuire alle superfici, in attesa di maggiori riscontri in sito mediante saggi di prova stratigrafici, potrà essere articolata nel bianco di travertino per tutte le membrature architettoniche verticali e orizzontali, comprese cornici e stucchi decorati (valve di conchiglia) e in un color ocra per le specchiature intonacate semplici. Al fine di proteggere alcune zone della facciata, particolarmente esposte all’aggressione biologica idrorepellente, (fascia marcapiano e piedistalli d’imposta del secondo ordine, risalti di mostre e cornici, basi e capitelli di ordini architettonici) sarà utile l’applicazione a pennello di una miscela idrorepellente acril-siliconica. Provvisione, questa, che dovrà essere accompagnata da un attento rimontaggio delle coperture mediante l’adozione di adeguate pendenze e sporti di gronda.

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2. Il progetto: premessa

Le conclusioni di tali indagini hanno portato alla messa a punto dell’intervento di restauro e consolidamento.

Pur non potendo affrontare in questo primo intervento tutte le categorie di opere necessarie ad un completo lavoro di restauro, sarà opportuno elencarne le voci:

- A Restauro e Consolidamento delle strutture murarie e di copertura

- B Restauro delle superfici architettoniche

- C Risanamento e protezione dall’umidità

- D Impianti

- E Finiture interne

- F Sistemazione piazza antistante la chiesa

- G Restauro decorazioni murali

Delle voci elencate si affronterà solo la prima relativa ai restauri e ai consolidamenti delle strutture murarie e delle coperture. Il restauro delle superfici architettoniche, pure progettato in questa prima fase, farà parte di un futuro intervento.

2.1. Interventi di restauro e consolidamento: criteri di progettazione e scelte operative

La progettazione delle provvisioni di restauro e consolidamento delle strutture murarie e di copertura della chiesa della SS.Annunziata, ha voluto perseguire l’obiettivo del minimo intervento possibile sulle strutture originarie allo scopo di rispettarne la natura e la funzione statica originaria pure se migliorata in alcuni nodi critici di particolare rilievo. Lo stato di dissesto manifestato attraverso le fratture e la seguente mutazione dei regimi statici di equilibrio, è situazione divenuta ormai non reversibile. Le indagini hanno rilevato come gli interventi debbono essere concentrati all’istituzione di uno schema strutturale, come anche sostenuto dalla normativa vigente in materia, “...resistente all’azione sismica che deve ragionevolmente rispettare la situazione effettiva della costruzione…” assicurandone un comportamento scatolare. Gli esami di monitoraggio effettuati sulle lesioni e le osservazioni condotte su tipologie costruttive, costituzione materiale delle singole membrature componenti, meccanismi di collasso sotto l’azione sismica, inducono a considerare ancora efficace la struttura esistente, che in caso contrario, secondo la normativa andrebbe demolita e ricostruita secondo una scelta drastica incompatibile con ogni possibile sforzo che deve farsi per salvaguardare un monumento che si ritiene portatore di valori storico-documentari ed artistici irripetibili ne tantomeno sostituibili con una copia al vero. Riteniamo, quindi, che con adeguati interventi volti alla rimozione di difetti locali riguardanti singole parti strutturali dell’edificio ed al miglioramento del comportamento globale del sistema murature-coperture, sia possibile conservare, alla chiesa, il suo carattere storico-documentario autentico. Ciò ha reso necessario, sin dall’inizio, l’esclusione di tecniche d’intervento eccessivamente invasive per le strutture originali. I tradizionali cordoli in cls armato, o la cappa armata sulla volta appesa a tirantature metalliche o anche le cuciture armate delle lesioni o peggio le chiodature, sono state ritenute tecniche d’interveto le quali,nel caso di specie erano incompatibili con le rigidezze flessionali esistenti e, forse, anche potenzialmente pericolose per una struttura, che, come quella dell’Annunziata, non presenta sintomi di dissesto tali da richiedere la surrogazione delle membrature esistenti con altre di nuova e diversa fattura tecnologica.

I protocolli d’intervento possono essere riassunti come segue:

- Restauro e consolidamento delle strutture lignee di copertura: Interventi conservativi volti alla difesa del legno della grande armatura portante (capriate ed arcarecci) dall’aggressione biologica, mediante rimozione delle parti ammalorate e successivo trattamento antiparassitario. Consolidamento delle membrature delle capriate lesionate lungo le fibre, mediante inserimento di cerchiature metalliche. Miglioramento dei nodi di collegamento puntoni-monaco, per mezzo di piastre metalliche imbullonate. Rinforzo delle sezioni dei puntoni, con barre di ferro ancorate a piastre imbullonate e la sostituzione delle saette con altre di sezione e incastro adeguato. Nuova sistemazione della sede d’appoggio delle capriate mediante demolizione di parti dei muretti esistenti, realizzazione di un plinto di cls inerte debolmente armato e rinforzo del nodo tirante-puntone con placche metalliche collegate mediante cerchiatura composita, assicurata con bulloni alla piastra metallica sottostante di scarico. Consolidamento e riparazione dei nodi tirante puntoni ammalorati tramite sostituzione con nuova testata incastrata alla precedente mediante incollaggio strutturale. Miglioramento del comportamento statico della copertura attraverso il collegamento di tutte le capriate in corrispondenza dei nodi puntoni-monaco e puntone-tirante con cavi d’acciaio, ancorate mediante piastre imbullonate. Sostituzione di singole membrature portanti in legno fortemente ammalorate, con altre in legno di castagno.

- Restauro e consolidamento delle strutture murarie verticali: le fratture delle murature saranno sigillate a mezzo di iniezioni di una miscela idraulica a base di calce e pozzolana, con addittivi antiritiro ed espansivi. Al fine di garantire la connessione scatolare tra le murature i giunti angolari verranno incatenati, per tutta l’altezza, per mezzo dell’inserimento di due barre d’acciaio per ogni lato, del diametro di 61 mm e metri 1,58 di lunghezza. Le barre verranno collocate tramite rosette distanziatrici in appositi fori ed annegate in una miscela idraulica antiritiro ed espansiva. Le murature di testata, sottoposte a rotazione verso l’esterno, verranno consolidate con costruzione di una contromuratura in mattoni laterizi a due teste. L’effetto di martellamento degli arcarecci sarà ovviato per mezzo di mensole di scorrimento in profilati metallici. Le testate delle murature longitudinali saranno demolite e ricostruite con nuova muratura di mattoni. La muratura, sottostante i cordoli, sarà rifondata mediante rigenerazione ottenuta con iniezione di una miscela idraulica antiritiro ed espansiva. I quattro maschi murari saranno resi solidali tramite catene di collegamento in barre d’acciao di diametro 20 mm, collegate con piastre d’ancoraggio ammorsate nelle murature.

- Volta di copertura in muratura: esecuzione di un nuovo rinfianco in conglomerato cementizio ed inerti naturali leggeri, previa rimozione del vecchio decoeso e sciolto e la sigillatura delle eventuali lesioni presenti con iniezione di miscela idraulica antiritiro ed espansiva. Irrigidimento trasversale della volta tramite anelli in muratura di mattoni ad una testa (frenelli) con locali ammorsature profonde all’interno della volta.

- Sistema copertura-muratura: allo scopo di ripartire i carichi durante le sollecitazioni dinamiche sismiche, garantendo la solidarietà strutturale tra il sistema di copertura e quello murario verranno inseriti dei cavi d’acciaio di collegamento, con l’inserimento di apposite piastre di ancoraggio, tra i nodi puntoni-monaci della prima ed ultima capriata e le corrispondenti murature laterali.

L’intervento così descritto e dettagliatamente illustrato nella tavola dei dettagli esecutivi, vuole raggiungere lo scopo di rendere capace l’attuale struttura di resistere alle eventuali sollecitazioni esterne indotte da eventi sismici o di altra natura.

Esso è sostanzialmente orientato alla conservazione dell’impianto murario e di copertura, non solo nei suoi elementi materiali componenti, ad eccezione di sostituzioni limitate rese necessarie da particolari e irreversibili stati di degrado, ma anche nella sua logica statica, la quale, a ben vedere, necessitava solo di accorgimenti atti a rimuovere difetti congeniti, o indotti dai dissesti passati, che ne impedirebbero un comportamento scatolare e solidale di tutte le membrature componenti, tanto quelle verticali che quelle orizzontali di copertura.

Ognuna delle tipologie di restauro e consolidamento è stata pensata, sul piano concettuale ed operativo, per limitare al minimo gli interventi ritenuti più invasivi, come le demolizioni ritenute necessarie solo nei casi di murature di scarsa qualità e incerto affidamento statico in condizioni di sollecitazione sismica; ed il caso del tratto di testata terminale delle murature d’ambito laterali, dove le sollecitazioni di taglio potrebbero avere effetti devastanti su murature poco coese ed in stato di sfaldamento.

I consolidamenti realizzati mediante barre e cavi d’acciaio interferiscono assai limitatamente con le strutture esistenti, andando a costituire un telaio resistente assicurato alle diverse membrature con piastre d’ancoraggio. Le barre e i cavi d’acciaio, inoltre, vanno efficacemente a svolgere quel ruolo di collegamento tra le strutture di copertura e le murature d’ambito risolto, in tanti casi, con invasivi ed elefantiaci cordoli in cemento armato.

Un’ultima considerazione la merita l’intervento scelto per consolidare le fratture. Esso, a prima vista, neanche ricadrebbe tra le provvisioni di rinforzo e consolidamento. Ma, come fatto osservare, un intervento più radicale d’irrigidimento mediante, ad esempio, cuciture armate in barre d’acciaio, rischierebbe d’impedire alle lesioni quei movimenti naturali indotti dalle escursioni termiche o quelle ulteriori minime rotazioni, indotte anche da agenti esterni, trasferendo le tensioni impedite alle zone meno rigide circostanti, causando danni ben peggiori.

Il Progettista Incaricato:

Bruno AGOSTINELLI Architetto

Il Consulente:

Dimitri TICCONI Architetto

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